Progetto redatto in collaborazione con ACS Ingegneri, Arch. Debora Guerini, Arch. Francesco Calzolari, Francesco Russo.
Architettura sobria, volumi netti e scolpiti che definiscono gli spazi, una serie di portali che generano la figura peripatetica di cammino, scandito da colonne che metaforicamente si assimilano ad una individualità che si succede e si trasforma portando ed annientandosi nella natura del parco e del territorio circostante.
La natura si snoda oltre il colonnato e crea quella Compenetratio tra natura-vita e Tempio Crematorio-mors.
Compenetrazione al contempo con il mondo dei vivi rappresentato dal tessuto urbano circostante e da quello naturale degli altirilievi che vanno ad inserirsi quasi naturalmente all’interno del verde progettato, descritti dalle malapartiane parole:
“tanto compiango coloro che, aprendo gli occhi alla luce, non … vedono… fuori dalla finestra di là dai tetti, la curva affettuosa della Retaia, il ginocchio nudo dello Spazzavento, le tre gobbe verdi del Monte Ferrato, gli olivi di Filettole di Santa Lucia delle Sacca e i cipressi del Poggio del Fossino sopra Coiano”.
Questi altorilievi cui il progetto tende non a farvi barriera ma cornice, sono visibili dall’interno del colonnato, che rimanda alla peristasi greca. All’interno di questa sequenza di grandi “porte”, che si susseguono secondo varie direzioni quale metafora del succedersi delle fasi della vita ed il trascorrere del tempo e al tempo stesso lo annullano: il verde penetra nel costruito ed il costruito si dissolve nel verde.
L’anima oppressa del dolente è simboleggiata dalle linee tese dei volumi di accesso che lo accolgono; i volumi si fanno più rarefatti fino a giungere al momento del distacco, qui l’architettura si fa luce aria ed acqua.
Le linee dolci del parco si confondono e si compenetrano con il disegno rigoroso dei percorsi del cimitero esistente, per creare una simbiosi tra questo e quello in fieri, grazie ad un comune denominatore: come se il ‘recinto’ cedesse alla spinta del verde.
Il filo conduttore del progetto si propone di creare, abbandonando l’immagine tradizionale di chiusura ed isolamento della città dei morti, uno spazio veramente pubblico direttamente connesso alla città dei vivi ed al territorio che possa portare ad un processo di identificazione e condivisione del tutto nuovo.
Il momento progettuale scaturisce da un’idea forte, nata dalla ricerca dell’essenza delle cose, che vuol dire volumi semplici e netti, un attento e rispettoso dialogo con la natura: “per suscitare sensazioni non c’è bisogno dell’arte, un singolo suono un singolo colore può farlo” (Eduard Hanslick, Il bello musicale).
La sfida è rivolta ad eliminare il superfluo, tanto da tentare di cogliere il noumeno delle cose stesse, come nel metodo delle scienze naturali, prescindendo dalle fuggevoli mille impressioni.
Lastre di vetro di Curtain Wall, struttura in legno lamellare per i portali del Tempio Crematorio: l’unica decorazione ammessa è quellaloosiana propria dei materiali.
Ornament und Verbrechen, il rigore delle forme, accompagna alla ricerca del noumeno, cancellando ogni frivolezza terrena: l’unico fine sotteso è infatti lo slancio verso lo spirito.
Gestalt, la simbiosi crociana tra forma e contenuto sono sottesi a questo scritto di Adolf Loos: “Se in un bosco troviamo un tumulo, lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura”.
La pratica della cremazione facente parte della cultura dei popoli indoeuropei prima del loro accesso al mediterraneo, ove le preesistenti culture praticavano invece la sepoltura, come nel mondo classico: la conservazione del corpo a prolungamento della vita terrena ed il ricordo, il mementum, il monumento funerario.
Nelle diverse culture diversi sono trattamenti e riti ma il comune denominatore è il concetto di passaggio.
In un crematorio infatti gli avvenimenti si susseguono in sequenza continua, snodandosi in spazi consecutivi: l’accesso, il corridoio, gli spazi dedicati alle cerimonie pubbliche, del commiato, del distacco, la riconsegna delle ceneri.
Seguendolo nel percorso che va dal rito del commiato, all’accesso al percorso di cremazione, il dolente non perde mai di vista il proprio caro.
Il luogo di maggiore tensione emotiva, quella in cui è consentito al dolente di assistere al momento della cremazione, per scelta architettonica ha una struttura permeabile alla luce e per quinta la natura con spazi verdi e acqua.
Il passo successivo, la riconsegna delle ceneri, anticipa l’accesso al giardino del ricordo: qui la struttura si rende ancor più eterea ed evanescente, la successione dei portali si confonde e diviene una unica materia, la natura-vita.
L’area verde antistante al parco crematorio è parzialmente destinata all’inumazione delle urne cinerarie.
Si è scelto di replicare la simmetria ed il rigore dei corpi di fabbrica di matrice ottocentesca non per mera emulazione bensì per un creare un continuum planimetrico, una ideale quinta alla composizione neoplastica del Nuovo Tempio.
Il segno artistico della spirale, contiene una chiara metafora della vita e della morte accompagnando i congiunti in un percorso circolare, μέ̀τά τά φίσίς, un giardino segreto dove lenire il dolore. Questo è il luogo dove le ceneri del defunto vengono disperse. La spirale risulta essere l’ideale tragitto che le ceneri dovrebbero percorrere per innalzarsi in cielo, in un immagine che accomuna tutti i credi religiosi.
La posizione di questo “simbolo” non è casuale, ed infatti lo troviamo come estrema propaggine della “penetrazione” del giardino all’interno del parco cimiteriale, del disordine nell’ordine rappresentato dalle geometrie nette dell’impianto del crematorio e del suo contorno, in definitiva nel punto di maggior tensione architettonica dell’intero contesto.
Ed idealmente è proprio questa tensione che crea questa sorta di eruzione dal terreno, quasi a sprigionare una forza tale da spingere i resti umani verso l’alto, in una vera e propria ascensione.